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Puglia, Brindisi, le quattro ipotesi di approdo sulla terraferma del gasdotto T.A.P.
“I consumi di gas naturale in Italia nel 2017 sono stati di 75,1 miliardi di metri cubi, che significa una crescita del 6% rispetto al 2016”, secondo il sito web specializzato Quale Energia (elaborazione su dati Ministero Sviluppo Economico), in lieve crescita rispetto agli anni precedenti, ma nel 2013 eran ben “85,67 miliardi di metri cubi con un decremento rispetto al 2012 di 1,02 miliardi di metri cubi, pari al 1,2%”, come affermava l’E.N.I. s.p.a., holding controllante del sistema monopolistico dei gasdotti e del gas naturale[1] in Italia insieme al gruppo S.N.A.M.
Non vi quindi sono particolari ingenti aumenti della richiesta di gas naturale.
I consumi di gas, nel nostro Paese, non hanno mai superato gli 85-86 miliardi di metri cubi l’anno, mentre le infrastrutture esistenti (metanodotti e rigassificatori) hanno la ben superiore capacità di importazione di 107 miliardi di metri cubi annui.
Abbiamo, inoltre, un’ottima diversificazione degli approvvigionamenti di gas: l’85-90% viaggia in gasdotti che arrivano dal nord Europa (Olanda e Norvegia), dall’Est (Russia) e dall’Africa (Algeria e Libia). Inoltre sono operativi due rigassificatori (Rovigo e Panigaglia) che danno circa il 15% del gas consumato in Italia.
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simulazione posa gasdotto (Studio Newton, Fano)
Gli impianti di stoccaggio (8 strategici principali, 15 miliardi di metri cubi) sono in mano alla Stogit s.p.a., controllata dalla S.N.A.M. anch’essa.
In buona sostanza, la questione centrale in Italia non è la carenza di gas, piuttosto la gestione del sistema gas, svolta in regime di sostanziale monopolio. Una corretta gestione potrebbe evitare qualsiasi genere di emergenza per gli approvvigionamenti.
A cosa servono, allora, i 2 nuovi metanodotti che dovrebbero giungere in Italia dall’Africa e dall’Est Europa e gli oltre 10 rigassificatori ipotizzati o progettati, dei quali 3 in dirittura d’arrivo?
L’obiettivo è dichiarato con enfasi nella pubblicità che il gruppo Snam effettua sui mass media: “diventare l’hub europeo del gas”. In parole povere, il gas che arriverà attraverso le nuove infrastrutture sarà rivenduto ai Paesi del centro Europa.
Ecco perché i progetti del gasdotto “Rete Adriatica” (il gasdotto Appenninico) e il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (T.A.P.).
Ciò che non quadra è perché un’operazione puramente commerciale, che ha per scopo quello di portare enormi profitti nelle casse dell’Eni e della Snam, debba essere pagata dai nostri territori e dalle nostre popolazioni in termini di rischi e costi elevatissimi per la salute, la sicurezza, l’ambiente e le economie locali.
Non solo.
Il gasdotto T.A.P. (e una delle sue prosecuzioni, il gasdotto “Rete Adriatica”) interessa non poco il governo U.S.A. di Donald Trump per diminuire le forniture di gas naturale russo all’Europa.
Gli ordini sono chiari: il governo M5S – Lega ubbidirà?
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
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[1] L’Eni s.p.a. controlla ancora l’8,5% del capitale sociale di Snam s.p.a., recentemente ceduto in gran parte alla Cassa Depositi e Prestiti s.p.a., a sua volta controllata dallo Stato.
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Puglia, litorale interessato dal progetto di gasdotto T.A.P.
da Il Fatto Quotidiano, 1 agosto 2018
Gasdotto della discordia Tap, quel che c’è da sapere. Gas – I lavori in corso sulle grandi opere. (Virginia Della Sala)
“Il governo ora lo vuole, perché lo considera strategico per diversificare le fonti di approvvigionamento di gas per l’Italia e l’Europa: “Tap contribuirà alla diversificazione energetica – ha detto lunedì in conferenza stampa a Washington il premier Giuseppe Conte, cercando di confortare il presidente Usa Donald Trump e tenendo la stessa linea del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Baku. Si è anche ricordato dell’opposizione della popolazione e ha promesso dialogo e ascolto. Intanto, l’opera avanza. Mancano le autorizzazioni per il tratto sottomarino e il ministero dell’Ambiente ha chiesto approfondimenti sulla presenza di una specie di alga protetta. L’obiettivo è lo spostamento dell’approdo, il blocco dell’opera è escluso. Ma qual è la situazione di Tap?
L’opera. Tap, Trans Adriatic Pipeline, è il gasdotto trans-adriatico lungo 878 chilometri che contribuisce a portare il gas dall’Azerbaigian all’Europa, passando per l’Italia e per l’approdo di San Foca, a Melendugno in provincia di Lecce. Non è ben visto dai comitati e dai cittadini pugliesi, né dal sindaco di Melendugno o dal governatore della Puglia Michele Emiliano. Lo stop al Tap era stato un cavallo di battaglia del Movimento Cinque Stelle. È stato dichiarato “opera di carattere strategico e di preminente interesse nazionale” con lo Sblocca Italia, ed è vincolato a un accordo internazionale con Grecia e Albania dove l’opera è già all’85%. Tra Grecia e Turchia, Tap si collega al gasdotto trans anatolico (Tanap), che a sua volta porta gas naturale dal Mar Caspio. È considerato un progetto d’interesse comune per l’Ue e fa parte del Corridoio Mediterraneo del Gas, che riunisce tutti gli altri impianti strategici: 4mila chilometri per i quali sono stati stanziati 45 miliardi di euro. In Italia, il gasdotto prevede 25 chilometri di tubi offshore e 8 sulla terraferma. Il punto di approdo è la spiaggia di San Foca (Lecce) mentre nell’entroterra sarà realizzato il Prt, il terminale di ricevimento, che immette il gas nella rete nazionale di Snam, circa 50 chilometri tra Melendugno e Mesagne autorizzati ad aprile dal consiglio dei Ministri, e poi in quelle oltre confine. Oltre a Snam, entrata in corso d’opera come unica italiana a fine 2015, nel consorzio Tap ci sono British Petroleum, l’azera Socar, i belgi di Fluxys e gli spagnoli di Enagás. Si tratta di un’opera ‘benedetta’ da Ue e Usa in funzione anti-Russia. A lavorare sui giacimenti di gas c’è però anche il gigante russo Lukoil con il 10%.
Opere italiane. I lavori procedono spediti. La settimana scorsa è stato concluso il pozzo di spinta che permette di calare la talpa che dovrà scavare il microtunnel sulla spiaggia di San Foca. I lavori italiani sono divisi in tre opere, legate a tre diversi contratti. La prima è il terminale di ricezione, che dista 8 chilometri dalla costa. Le verifiche di ottemperanza ante opera sono già state approvate dal ministero dell’Ambiente, dalla sismicità al monitoraggio delle emissioni inquinanti. La seconda riguarda i tubi a terra e a mare, nonché il collaudo idraulico. A giugno Tap ha chiesto al comitato Via (Valutazione di Impatto Ambientale) di separare le verifiche di ottemperanza per mare e terra. Al momento, infatti, mancano quelle legate alla parte sottomarina. La terza parte riguarda il microtunnel e la condotta a mare: anche per questa fase le verifiche sono state soddisfatte. L’affaccio del microtunnel a mare è stato infatti esonerato – sempre dal ministero dell’Ambiente – dalla Via dopo la verifica dell’assoggettabilità, seppur con qualche prescrizione.
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Oliveto
Inchieste. In questo momento, però, Tap è sotto indagine per due questioni: la prima riguarda il terminale di ricezione, la seconda gli ulivi che vengono espiantati. A gennaio, la Procura di Lecce ha chiesto e ottenuto dal gip la riapertura di un pezzo dell’inchiesta archiviata nel febbraio 2017, dopo un esposto da parte di otto sindaci del Salento. Si chiedeva di considerare gli 8 chilometri di gasdotto e i 55 del tratto di interconnessione Melendugno – Mesagne come un’unica opera da valutare e quindi autorizzare. La separazione, infatti, avrebbe fatto sì che al tratto Tap non venisse applicata la legge Seveso (che prevede ulteriori vincoli ambientali). La seconda questione riguarda invece il sequestro, a fini probatori, del cluster 5 (zona in cui ci sono oltre 500 ulivi) dopo l’esposto di alcuni parlamentari del M5s per presunte violazioni di norme paesaggistiche. Lunedì Tap ha presentato istanza di dissequestro.
La manovra. Mancano insomma le verifiche di ottemperanza (almeno 7) per la parte sottomarina. Autorizzazioni che dovranno essere rilasciate dal ministero o dalle agenzie ambientali. Intanto, il ministero ha chiesto verifiche agli uffici tecnici sulla presenza della cymodocea, che è una specie di pianta acquatica protetta che potrebbe anche influenzare l ’evoluzione dell’opera. Negli anni, le proteste si sono concentrate soprattutto sull’area dell’approdo: il gasdotto arriva in una zona incontaminata, in quella che viene considerata una delle spiagge più belle della Puglia, contro il parere della Regione che ha sempre puntato allo spostamento nella zona del brindisino. Oggi, spostare l’approdo implicherebbe un ritardo tra i due e i tre anni.
Si può Bloccare? Di sicuro, bloccare la realizzazione del Tap è molto difficile. Anche se non prevede penali, visto che non è un’opera pubblica, c’è il rischio di una richiesta di danni da parte dell’azienda per aver creato un’aspettativa economica (ci sono acquirenti che hanno già comprato il gas per i prossimi 25 anni). Inoltre, esiste un accordo internazionale (ratificato dal Parlamento a dicembre del 2013) tra Italia, Grecia e Albania in cui gli Stati si sono impegnati non solo a non ostacolare l’opera ma anche a rimuovere tutti gli eventuali impedimenti alla sua realizzazione. Un accordo che – come recita l’articolo 11 – sottosta alla legge internazionale e ai principi dell’Energy Charter Treaty (il Trattato della Carta dell’energia da cui l’Italia è uscita dal 2016) e che potrebbe tradursi – dopo gli arbitrati – in un risarcimento da parte dello Stato, reo di aver fatto decadere l’accordo, per l’eventuale danno economico arrecato.
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Cisto (Cistus)
da Il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2018
Tap, Conte: “È strategico, ma incontrerò salentini”. Lezzi: “Bene, cambierà idea”. Sindaco di Melendugno: “M5s ci tradisce”.
Il capo del governo rassicura Trump che si era detto certo del completamento: “Però ascolterò le inquietudini del territorio”. Ma in Salento ripartono le proteste e le parole del premier stridono con quanto dichiarato dalla ministra del Sud solo lunedì pomeriggio: “Non è un genere di investimento che serve”. Potì, primo cittadino di Melendugno: “Qui hanno vinto perché contrari. Craxi disse no agli Usa nella notte di Sigonella”. (Tiziana Colluto)
Da opera inutile a “opera strategica”. La consacrazione del gasdotto Tap ad opera del governo Lega-M5s arriva direttamente dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. E giunge da Washington, al termine del summit di lunedì con il presidente degli Stati Uniti. Quanto peso abbia in questa parabola la volontà americana è reso chiaro anche dalla scelta delle parole usate da Donald Trump: “Voglio un qualcosa di competitivo e spero che il primo ministro riuscirà a farlo e a completarlo”. Un duetto che agita ministri e parlamentari salentini del M5s nonché i sindaci contrari all’infrastruttura che ricordano il successo elettorale dei pentastellati nel Tacco d’Italia e dicono di sentirsi “traditi” dai pentastellati.
Dai 15 giorni di Di Battista alle contestazioni – Il lessico è importante. E ad ognuno il suo: nella notte sono riprese le proteste in strada, a Melendugno, in provincia di Lecce, dove il metanodotto che parte dall’Azerbaijan dovrebbe approdare. In Puglia, è soprattutto lì che il M5s ha fatto man bassa di voti durante le ultime elezioni politiche, sbancando con percentuali bulgare anche grazie alle promesse di stop dell’opera. “Con noi al governo bloccheremo questo progetto in 15 giorni” è tra le frasi più note, ripetuta da Alessandro Di Battista a San Foca, nell’aprile 2017. Gli elettori non dimenticano. Le contestazioni fatte dai noTap alla ministra per il Sud Barbara Lezzi, leccese, sono il sintomo della delusione e della lacerazione che vive ora il territorio.
Lezzi: “Cambierà idea”. Il sindaco: “M5s ci tradisce” – Così la ministra, che poche ore prima delle parole dirompenti del premier aveva parlato di “investimento che non serve al Salento e all’Italia”, corregge la rotta: “Bene – scrive su Facebook focalizzandosi sulla visita a Melendugno annunciata da Conte – Sono soddisfatta dell’impegno assunto dal presidente perché le comunità che si appresta ad incontrare hanno tutte le informazioni che gli faranno cambiare idea“. Un incontro che Marco Potì, sindaco della cittadina scelta come approdo, vorrebbe “in riva al mare” dove arriverà il gasdotto, dice a Repubblica, per chiedere “perché ci state tradendo così?”. Ricordando il no di Bettino Craxi agli Stati Uniti nella notte di Sigonella, Potì ammette di aver votato M5s “come quasi il 70% della mia gente, perché ho creduto ad Alessandro Di Battista, al ministro Barbara Lezzi che sono venuti qui a dire che in 15 giorni avrebbero annullato il progetto del Tap. E invece…”.
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Cardellini (Carduelis carduelis)
“Il Tap contribuirà alla diversificazione energetica” – E invece già in apertura di conferenza stampa congiunta, lunedì, Conte ha cercato di fornire ampie rassicurazioni all’alleato americano, che con l’Azerbaijan ha ottime relazioni, soprattutto commerciali: “Nel quadro della sicurezza energetica, siamo concordi sulla necessità di una più efficace diversificazione delle rotte energetiche”, ha detto il premier italiano. Poi, è stato più esplicito: “C’è la piena consapevolezza del mio governo sul fatto Tap è opera strategica per l’approvvigionamento energetico del nostro Paese, del sud Europa e dell’area del Mediterraneo. Siamo consapevoli del fatto che Tap può dare un contributo all’approvvigionamento energetico e alla decarbonizzazione, che è nel programma di governo. Ho rappresentato correttamente al presidente Trump che ci sono inquietudini delle comunità locali nel punto in cui approderà il gasdotto. Posso annunciare – visto che i problemi vanno affrontati direttamente – che io stesso, assieme ai ministri competenti, una volta tornato in Italia, appena possibile, avrò la premura di andare a incontrare il sindaco locale e le comunità locali per cercare una soluzione che sia contemperante delle loro preoccupazioni”.
La “linea” di Mattarella – Conte ha rilanciato così quanto detto nelle ore precedenti dal vicepremier Luigi Di Maio: “Il nostro impegno ad ascoltare le comunità resta e su questo il M5S non ha cambiato linea e sbaglia chi dice il contrario”. Il premier ha rafforzato, però, soprattutto, le garanzie sul completamento dell’opera date il 18 luglio scorso dal presidente della Repubblica in persona, Sergio Mattarella, al collega azero Ilham Aliyev: “C’è il comune impegno a portare a compimento il corridoio meridionale”, aveva detto il capo dello Stato a Baku. “Italia e Azerbaijan – aveva aggiunto – hanno un rapporto molto intenso sul piano energetico. La scelta strategica del corridoio Sud del gas è condivisa dall’Italia e Tap, che è parte di questo corridoio, è il naturale completamento di questa scelta”.
Lezzi: “Inutile”. Ma ora è isolata a Palazzo Chigi – Frasi che hanno la funzione di acqua gettata sul fuoco: all’indomani dell’insediamento del nuovo governo, erano stati gli stessi ministri pentastellati ad annunciare una “revisione” del progetto. Non più tardi di lunedì, poche ore prima delle frasi di Conte, la ministra Lezzi da Matera è tornata sull’argomento, con toni contrapposti a quelli di Conte: “Il gasdotto Tap non è un genere di investimento che serve né al Salento né alla Puglia né all’intera Italia”, ha detto aggiungendo che “si parla di questioni che stanno alla politica energetica del nostro Paese, a quella ambientale e a quella economica: su tutto ciò il Tap non avrà dei significativi vantaggi per il popolo italiano”. Alla luce delle dichiarazioni rilasciate alla Casa Bianca da Conte, Lezzi rischia di restare isolata a Palazzo Chigi.
La spinta degli Usa e gli interessi russi – Che quel gasdotto servirà più all’Europa e ai suoi alleati che all’Italia è cosa nota da tempo. E non è un dettaglio il passaggio di Trump fatto sull’argomento: “Stiamo già discutendo con la Ue per costruire tra nove e undici porti, per cui la Ue pagherà, in modo per noi da potere inviare gas naturale liquefatto in varie parti dell’Europa e avere così più competizione”. La preoccupazione principale a cui dare risposta è, infatti, una sola: liberare il vecchio continente dalla cappa di Putin sull’approvvigionamento di metano. Almeno sulla carta. Lukoil, grande compagnia russa, è tra gli azionisti che gestiscono il giacimento di Shah Deniz II, da cui verrà attinto l’oro blu azero da convogliare nella Trans Adriatic Pipeline. La stessa Gazprom strizza l’occhio a Tap come a Poseidon, altro gasdotto già autorizzato con approdo a Otranto, a venti chilometri dal primo. Perché quel corridoio sud del gas è considerato sicuro, anche per bypassare Paesi politicamente instabili nel centro-est Europa.
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Mare
(simulazione Studio newton – Fano, foto da Il Fatto Quotidiano, S.D., archivio GrIG)